Ecuador: Indigeni in isolamento volontario, petrolio e uccisioni nella foresta

2 mag 2013

L’estensione della forntiera petrolífera in Ecuador é una minaccia per le popolazioni indigene, soprattutto per le popolazioni in isolamento volontario che ancora vivono nell’Amazzonia.  Per la riduzione progressiva dei territori indigeni aumenta il conflitto, non solo con i tagliaboschi, i minatori o lavoratori del petrolio, ma anche tra le stesse popolazioni.

É quanto é successo di recente. Le persone coinvolte nel conflitto attuale sono famiglie o clan Waorani e Taromeane, entrambi di nazionalitá indigena Waorani. I Taromeani vivono in isolamento volontario nell’Amazzonia equatoriana.

Le ultime uccisioni

Non sono state le uniche uccisioni avvenute nella zona. I taromeani (in isolamento) e  i waorani sono stati i protagonisti degli scontri avvenuti durante lo scorso 5 e 29 marzo 2013, che hanno lasciato un numero ancora non confermato di morti. Il primo episodio é avvenuto quando un gruppo di 50 famiglie attaccarono con le loro lance una coppia di waorani, si trattava di Ompore, deceduto all’istante e Bogueney deceduta nell’infermeria di campo della compagnia petrolifera REPSOL.

Per il momento non si conosce il luogo esatto nel quale é avvenuto l’ultimo episodio di violenza, sicuramente una vendetta della famiglia waorani di Ompore e Bogueney. Il numero di indigeni taromeane deceduti non é stato precisato – si é parlato di 18 o 30 persone – secondo un dirigente waorani, i fatti sarebbero accaduti nel Lotto pertrolifero 16, a non meno di tre giorni di cammino nella foresta. Inoltre due bambine delle famiglie indigene in esilio volontario che si trovavano nella comunitá waorani Yarentaro, sarebbero state riconsegnate alle autoritá competenti della loro comunitá. Si stima che i taromenani siano 150, mentre il gruppo waorani stanziato nella zona sarebbe sempre di 150 persone ma divise in tre clan.

Dall’8 aprile scorso, le autoritá equatoriane hanno realizzato tre voli di perlustrazione senza peró trovare alcun cadavere.

La colonizzazione avanza, la foresta si riduce

Gli indigeni waorani hanno accettato il contatto con la “civiltá” dagli anni cinquanta, con l’arrivo dei missionari evangelici statunitensi. In quell’epoca, il territorio waorani comprendeva due milioni di ettari. Da allora, le famiglie iniziarono ad essere confinate in una zona che si é ridotta progressivamente. Dal canto loro, i tagaeri e i taromenane optarono per l’isolamento volontario nel loro territorio, avendo constatato che quello che la “civiltá” gli offriva non era per loro conveniente e – in seguito ad alcuni spiacevoli contatti – rifiutarono consapevolmente di assimilarsi ed accettare i benefici, presunti, dello stile di vita occidentale. Per quanto riguarda la regione dello Yasuní,  concretamente la zona  é stata dichiarata dalla stato equatoriano  “ Zona Inviolabile”  tuttavia si riduce sempre di piú, essendo la causa dei conflitti e scontri come quelli delle ultime settimane.  Queste popolazioni vivono come vivevano tutti gli indigeni cacciatori e raccoglitori anticamente. Per molti é difficile da capire, peró gli esuli semplicemente non vogliono condividere la nostra idea di Stato, leggi, progresso, crescita economica o civiltá.

Preferiscono la pace e la tranquillitá della loro vita nella foresta, peró per questo hanno bisogno del territorio. Queste famiglie sono nomadi e quindi percorrono costantemente il loro sempre piú ridotto territorio, incappando  quindi in incontri e scontri con i diversi gruppi. Il conflitto non avviene solo con le etnie waorani, ma anche con coloro i quali hanno altri interessi nella foresta, siano essi taglialegna legali o illegali, lavoratori delle compagnie petrolifere con le loro strade e piattaforme, coloni, allevatori, agricoltori tradizionali o meno, evangelizzatori, membri di altre etnie, turisti, lavoratori per nuove infrastrutture, ecc.

Effettivamente il fatto di confinare gli indigeni in territori sempre piú ridotti facilita l’’entrata dei molteplici agenti esterni nella regione.  In questa analisi sono concordi tutte le organizzazioni indigene che si sono pronunciate sulle uccisioni avvenute nel territorio Waorani.

Diritti Indigeni

Nel 2006 la Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) ha riconosciuto le misure cautelari di protezione per le popolazioni indigene dell’Amazzonia equatoriana. A partire da quel momento si é stabilito un programma per rispettarle e si é generata una politica nazionale dei popoli in isolamento volontario.

Cosí, la Costituzione riconosce alle popolazioni in isolamento volontario il possesso ancestrale irrevocabile e inalienabile dei loro territori, nei quali é stato posto il veto nei confronti di tutte le attivitá estrattiviste (articolo 57 comma 21). Internazionalmente, la Dichiarazione delle Nazioni Unite per i Diritti delle Popolazioni Indigene e la Convenzione 169 della OIL, strumenti del diritto internazionale ai quali l’Equador aderisce, stabiliscono che le popolazioni indigene hanno il diritto di decidere le proprie forme di vita in rispondenza e in accordo con i loro usi e costumi.

É importante evidenziare che attualemnte il presidente equatoriano Rafael Correa ha annunciato diverse riforme alla Costituzione e ha criticato la CIDH negando le misure cautelari come strumenti  di protezione nei casi di violazione dei diritti umani.

Nonostante ció, al momento non esiste una posizione ufficiale da parte del Ministero delle Risorse Naturali non Rinnovabili (minerali e petrolio) in relazione alle uccisioni. Non a caso, l’attuale ministro Wilson Pastor ha negato nel 2010, quando era presidente della compagnia pubblica Petroamazonas, l’esistenza delle popolazioni in isolamento volontario. Con questa premessa, la politica petrolifera ha imposto la propria presenza nei luoghi dove vivono le popolazioni in isolamento volontario Tagaeri – Taromenane e permette attivitá di esplorazione ed estrazione. Le compagnie petrolifere REPSOL,  spagnola, e la cinese NOMECO, operano nella zona.

Allo stesso tempo, in un comunicato del Ministero di  Giustizia del 5 aprile  si afferma che “lo Stato attraverso le sue diverse istituzioni mantiene la comunicazione aperta al dialogo con la popolazione Waorani. Per proteggere gli indigeni in isolamento volontario sono state adottate varie misure, tra le quali il monitoraggio a cura del personale del Ministero di  Giustizia,  Diritti Umani e Culto; la restrizione della vendita di alcolici nell’area interessata; il controllo di armi e munizioni, oltre ad altre iniziative previste nella normativa nazionale e internazionale”. Questo dice lo Stato equatoriano, dice di “essere presente nel territorio waorani” e di aver “agito per cautelare i diritti delle nazionalitá indigene e delle popolazioni incontaminate”.

Peró, secondo le organizzazioni indigene, queste sono misure amministrative circostanziali, mentre la responsabilitá dello Stato é realmente un’altra: evitare la penetrazione nella Zona Inviolabile, dato che solo cosí si renderá possibile la vita in libertá delle famiglie in isolamento volontario e la riduzione degli scontri violenti.  Si riferiscono ad attivitá estrattiviste che sono prioritarie per il governo da decenni che si intensificano esponenzialmente, specialemnte dalle compagnie petrolifere, di legname o minerarie, le quali entrano in contrasto netto con la protezione del territorio indigeno e in special modo con l’approccio in tal senso degli indigeni in isolamento volontario.

Da quanto si é appreso riguardo ai tragici eventi avvenuti nella foresta, l’inquinamento e il rumore riducono le fonti di alimentazione (raccolta e pesca) e causano malattie e la manipolazione delle comunitá indigene da parte delle compagnie petrolifere, questo unito alla militarizzazione, costituiscono il contesto di fondo dell’attuale crisi nella zona, spingendo i Waorani, i Tagaeri e Taromeani a spostarsi oltre i loro territori tradizionali. Tutte queste gravi pressioni sui territori indigeni hanno causato gli incontri - scontri tra Waorani, Tagaeri e Taromeani che sono poi sfociati nella violenza arrivado all’omicidio.

Secondo la Confederazione delle Nazionalitá Indigene dell’Equador (CONAIE), quanto é accaduto é il “risultato logico del modello di sviluppo economico estrattivista e della colonizzazione accelerata di tutti i territori indigeni”.  Denunciano che in realtá si tratta di un problema strutturale e di carattere nazionale.

Membri della campagna Amazonia por la Vida assicurano che le politiche pubbliche hanno fallito nella protezioni delle popolazioni in isolamento, consentendo l’avanzamento delle attivitá pterolifere in zone sempre piú delicate”. Dal canto suo, l’organizzazione Acción Ecologica riconduce l’accaduto ad un caso di etnocidio e sostiene che  le responsabilitá ricadono sul governo equatoriano, da ripartirsi tra i diversi ministeri, come quello delle Risorse Non Rinnovabili che favorisce l’attivitá petrolifera  nella zona, quello degli Interni  non attua efficacemente  per dare una soluzione al conflitto e quello di Giustizia non dá garanzie nel rispetto delle misure cautelari di protezione nei confronti delle popolazioni in isolamento.  Inoltre anche i waorani che hanno ottenuto benefici personali dalle compagnie petrolifere, fino a diventare dipendenti delle stesse, rinunciando alla loro cultura ed etnia hanno la loro parte di responsabilitá.

Che cosa temono e cosa chiedono le organizzazioni indigene?

A causa delle molteplici minacce, temono soprattutto la depredazione del territorio e lo stermino della popolazione indigena.

Temono inoltre, che questi fatti vengano manipolati e decontestualizzati, sviando cosí l’attenzione dalle responsabilitá dello Stato equatoriano, riducendoli a “semplici scontri tra indigeni”, quasi si trattasse di una “guerra primitaiva” o come “una giustizia personale”; la strumentalizzazione servirebbe ad ottenere obiettivi come quello di entrare in contatto con le popolazioni indigene in isolamento volontario in modo coatto e controllare cosí i loro territori per l’estrazione del petrolio.

Certamente l’attuale XI Gara d’Appalto  Petrolifera dello Stato Equatoriano, nello specifico quella relativa ai campi di petrolio nell’area ha molto a che vedere con i conflitti tra waorani.

Per questa ragione, le organizzazioni indigene, includendo quelle waorani e altre organizzazioni sociali ed ecologiste chiedono che si inizi un processo  che coinvolga lo Stato e le autoritá di nazionalitá Waorani e le nazionalitá dell’Amazzonia che preveda:

Una indagine seria e trasparente su questo deprecabile fatto

Che non si distolga l’attenzione rispetto al vero problema che soffrono i Waorani e le popolazioni non contaminate delle quali lo Stato é responsabile

Che si adottino misure adeguate nella zona di conflitto

Una revisione urgente della politica petrolifera, del legname e le sue conseguenze nefaste

Una maggiore sensibilitá e apertura nei confronti delle tematiche degli indigeni in isolamento volontario, dato che non si tratta di un conflitto meramente etnico, ma di un conflitto piú ampio che attenta ai diritti delle popolazioni indigene, specialemnte di coloro che si trovano in isolamento volontario.

Il riconoscimento da parte dello Stato equatoriano delle famiglie in “Isolamento Volontario” invece che “Popolazioni di Recente Contatto”.

Che il territorio waorani dove vivono le famiglie in contatto e quelle in isolamento volontario sia realmente inviolabile.

Che si aiuti il Relatore Speciale delle Nazioni Unite per le Popolazioni Indigene e le altre autoritá in materia affinché i loro interessi si difendano veramente.

Fonti (in Spagnolo):


Página web del Ministerio de Justicia del Ecuador

Comunicado de la Organización de Nacionalidad Waorani de Orellana ONWO

La CONAIE ante los fatales acontecimientos dentro del territorio de la nacionalidad Waorani

Pronunciamiento de la COICA ante la muerte de los Taromenane

Etnocidio: Del horror a la búsqueda de responsabilidades