Questioni ambientali e pandemia

Deforestazione a Papua per fare spazio ad una piantagione di palma da olio Deforestazione a Papua per fare spazio ad una piantagione di palma da olio (© Pusaka) Incendio nella foresta a Jambi, Sumatra, settembre 2019 Incendio nella foresta a Jambi, Sumatra, settembre 2019 (© Feri Irawan) Loris lento in un mercato di Myanmar Loris lento in un mercato di Myanmar (© Soggydan Benenovitch - CC BY 2.0) Cascata Una cascata (© Konrad Wothe) Produrre il proprio cibo a Virunga Produrre il proprio cibo a Virunga (© Nadine Rwamakuba) Inquinamento a Durban Inquinamento a Durban (© Rettet den Regenwald / Mathias Rittgerott)

La distruzione della natura, specialmente delle foreste pluviali tropicali, per fare spazio ed aumentare le attività estrattive riduce l'habitat delle specie aumentando la frequenza e l'intensità del contatto umano con i virus provenienti dal mondo animale. La pandemia ci ha obbligato a riflettere sui rischi della deforestazione e altre grandi questioni ambientali che affrontiamo regolarmente.

Quello che vogliamo pensare sia un caso isolato, potrebbe diventare un evento sempre più frequente

La terribile pandemia di coronavirus che stiamo vivendo attualmente potrebbe diventare un evento sempre più frequente, se l'umanità continuerà a investire nella crescita economica allo stesso ritmo e con lo stesso approccio distruttivo e irrispettoso della natura. Questo favorisce il contatto incontrollato dell'uomo con gli animali - a volte anche specie ancora sconosciute alla scienza -  che portano agenti patogeni che colpiscono sempre più l'uomo, poiché quest’ultimo abbatte le barriere naturali che lo proteggono dal contagio. L'interconnessione, per effetto della globalizzazione, ha favorito la trasmissione rapida e incontrollabile del virus causando il caos in cui siamo tuttora immersi.

La grande questione che si apre ora è quella del futuro dell'economia e dell'umanità. Se l'attuale sistema economico sta dimostrando una totale incapacità di rispondere a una crisi come questa, che è una crisi prima di tutto del sistema di salute, che però ha un effetto domino che riguarda tutti i settori. Pertanto, è importante chiederci: prenderemo questa crisi come un'opportunità per ripensare l'organizzazione delle nostre società? Stiamo imparando, stiamo prendendo coscienza riguardo a tutto quello che stavamo facendo in modo sbagliato?

In ogni caso, lo scoppio della pandemia, dichiarata in quanto tale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che sta scuotendo il mondo è un'ottima occasione per intensificare e approfondire il dibattito sulla crisi, e soprattutto, dal nostro punto di vista il dibattito ambientale e ripensare il nostro atteggiamento e la mancanza di rispetto per la natura.

 

Difendere le foreste tropicali affinché non si distrugga un solo ettaro in più

Questa è la questione più saliente per la nostra organizzazione. Fin dall'inizio abbiamo capito l'importanza fondamentale della conservazione delle foreste pluviali e la loro relazione con molte altre questioni, tra queste le malattie zoonotiche (i.e. portate all’uomo dal contatto con animali infetti) come l'attuale pandemia. Che sia relazionata alle immense monocolture industriali, all'estrazione mineraria, all'estrazione del legname, all'estrazione del petrolio o alla costruzione di strade e altre infrastrutture al servizio dell'estrattivismo, la distruzione delle foreste pluviali e tropicali significa allo stesso tempo la riduzione dell'habitat delle specie animali e vegetali. La distanza ed il contatto che gli animali selvatici mantengono con gli esseri umani vengono sempre più ridotti. L'estinzione sempre più frequente delle specie significa anche l’eliminazione di barriere protettive naturali intermedie e una maggiore esposizione alle malattie  zoonotiche per animali e esseri umani.

Maggiore è più frequente è il contatto, maggiore è la possibilità che un virus salti da una specie animale a quella specie umana. I ceppi di un virus possono trovarsi in animali “ospiti” che vivono in luoghi remoti, però possono trasmettere le malattie agli umani perché questi ultimi hanno distrutto gli ecosistemi e maltrattato la natura mettendoli a contatto con il virus che questi animali portano. Questo è stato il caso del Covid19, in precedenza con il virus della SARS, l'influenza aviaria, e con l'Ebola, tre malattie che sono sorte in contesti e territori di espansione dell'agroindustria e di accaparramento di terre per attività agricole e zootecniche.

Pertanto, la pandemia riconferma l'enorme importanza di conservare le foreste pluviali tropicali e altri ecosistemi, così come i territori dei popoli indigeni. Salviamo la Foresta ha organizzato e diffuso diverse petizioni e campagne su questo tema.

Le popolazioni indigene sono doppiamente vulnerabili a queste malattie, soprattutto se si considera che vivono in luoghi dove spesso subiscono grandi pressioni per abbandonare i loro territori. Inoltre, anche i loro mezzi di sussistenza sono a rischio, e ricevono pochi o nessun aiuto dai governi, dato che spesso per accedere ai servizi sanitari bisogna percorrere lunghe distanze. Abbiamo appena lanciato una petizione in difesa dei popoli indigeni del Brasile doppiamente minacciati dall'estrattivismo e dall'atteggiamento poco attento, a tratti addirittura quasi negazionista, del governo del presidente Bolsonaro nei confronti della pandemia.

Mettere definitivamente fine al traffico e al commercio illegale di animali selvatici

Oltre all’abbattimento delle barriere naturali che proteggono gli esseri umani dai contagi con le malattie zoonotiche, la circolazione massiccia e globale di persone e merci contribuisce a diffondere le malattie a un ritmo mai visto prima. La distruzione della natura facilita anche l'accesso alle rotte di caccia e di commercio illegale di molte specie animali, contribuendo ad aumentare il loro contatto con l'uomo. Inoltre, le specie sono commerciate nei mercati dove animali selvatici vivi e morti si mischiano, con poca igiene e pochi controlli.

Questo commercio e consumo di specie selvatiche, legale o meno, ha un grave impatto sulla conservazione delle specie ed è ampiamente contestato. L'esistenza stessa di mercati legali facilita allo stesso tempo il commercio illegale, poiché spesso serve da copertura. Molte delle specie animali selvatiche oggetto del traffico - come il pangolino - sono in pericolo di estinzione.

È stato nella città cinese di Wuhan, che ha un importante mercato di fauna selvatica, che è iniziata la pandemia che ora ci sta aggredendo. In Cina e in altri paesi asiatici, la legalità dei prodotti animali in vendita ed il rigore delle misure igieniche non sempre rispettano protocolli di controllo adeguati. Gli animali in gabbia - che sopravvivono in condizioni terribili che pregiudicano la loro salute - sono un terreno ideale per la trasmissione di malattie.

Il governo cinese sta già prendendo misure in relazione al commercio ed il consumo di animali selvatici. Ma al momento, sarebbero solo temporanei. D'altra parte, l'impatto economico della pandemia è stato notevole. Si è già visto nei paesi più industrializzati che possono contare su sistemi di salute pubblica generalmente migliori, di conseguenza l’impatto per i paesi più poveri con meno infrastrutture sanitarie pubbliche sono terrificanti. Il danno va oltre la salute e la sicurezza degli individui,  poiché ha inflitto un colpo molto duro alle economie di tutti i paesi da cui sarà molto difficile riprendersi soprattutto nel breve periodo.

Ecco perché Salviamo la Foresta chiede che le specie protette e gli animali in generale non vengano trafficati e commercializzati nei mercati come quello di Wuhan, pregiudicandone la salute e la vita, rappresentando anche un rischio per l’igiene e quindi per lo scatenarsi di pandemie. È un buon momento per intensificare questa campagna e riconsiderare alcuni modelli alimentari legati alla distruzione della natura.

 

Prendersi cura dell'acqua: la siccità affligge molte comunità

L'uso indiscriminato e l'abuso delle fonti d'acqua per le mantenere le attività estrattive procura sofferenze a causa delle privazioni, la scarsità e le continue carenze d'acqua in molte comunità in tutto il mondo.

Durante le epidemie in generale, e durante l'attuale pandemia, una delle principali raccomandazioni da seguire è quella di praticare un'igiene estrema, soprattutto attraverso un lavaggio continuo delle mani. Bisogna tener conto del fatto che questa precauzione, che sembra così semplice da compiere per molte persone, può essere una sfida impossibile da affrontare in comunità che soffrono di siccità e scarsità d'acqua, così come in spazi di emergenza umanitaria come i campi profughi.

Per questo, la cura e la difesa dell'acqua è un altro dei grandi temi dell'ambientalismo che pensiamo debba permanere, diffondersi e intensificarsi.

Salviamo la Foresta sta chiedendo acqua per le comunità di Petorca, in Cile, a sostegno delle istanze delle comunità locali, che stanno soffrendo per il furto di acqua da parte dell'agroindustria dell'avocado.

  

Difendere la sovranità alimentare

Con la pandemia, i governi danno priorità al lavoro dei "supermercati" per fornire cibo alla popolazione. Allo stesso tempo, la popolazione rurale si chiede da tempo se sarà loro permesso accedere ai loro campi per preparare la terra per la semina e molti mercati all'aperto nei villaggi non hanno potuto operare per fornire cibo a chi vive lontano dalla grande distribuzione.

L'economia contadina è stata progressivamente smantellata a causa di una grave mancanza di sostegno e per la promozione della produzione di massa su scala industriale. L'autonomia delle famiglie contadine rurali è stata talmente danneggiata al punto da rendere impossibile la sopravvivenza di molte aziende familiari, a causa dell’imposizione di misure di controllo draconiane che favoriscono solo l'industria alimentare. Questo sta accadendo in molti paesi.

Sempre più spesso, gli accordi internazionali di libero scambio facilitano il passaggio di volumi considerevoli di prodotti attraverso le frontiere a prezzi molto bassi. Prodotti agricoli per il consumo umano come banane o avocado, prodotti per la produzione di alimenti per animali come la soia geneticamente modificata e per la produzione di agrocarburanti come la palma da olio. Questi sono solo alcuni esempi. Tutti hanno una cosa in comune: la loro coltivazione è spesso associata alla distruzione di ecosistemi come le foreste pluviali tropicali, l'introduzione di prodotti transgenici, l'uso di pesticidi e l'allevamento industriale, tutto è pertanto legato al primo punto discusso in questo testo.

La sovranità alimentare, ovvero la capacità dei popoli di produrre il proprio cibo, è la risposta a una serie di importanti problemi globali. Il cibo non deve più percorrere distanze notevoli e può essere consumato in modo più sano, più fresco, secondo la sua stagione, senza danneggiare l'ecosistema e senza aggravare i cambiamenti climatici, ma al contrario, contribuendo a ridurli. Inoltre, la sovranità alimentare può contribuire a fornire un reddito e un sostentamento dignitoso alle famiglie e alle comunità produttrici di cibo.

Migliorare la qualità dell'aria ed evitare il cambiamento climatico

Non c'è dubbio che l'arresto che il pianeta sta vivendo delle attività, a livello industriale, nel consumo energetico e la riduzione fino ad oggi inimmaginabile dei trasporti, soprattutto su strada ed aereo hanno causato cambiamenti sostanziali in positivo in termini di inquinamento, lo dimostrano le fotografie satellitari che sono state scattate dall’inizio della pandemia. Le emissioni di gas inquinanti sono diminuite. La cosa sorprendente è, come giustamente sottolineano i giovani attivisti di Fridays For Future, che ciò che i politici dicevano loro essere totalmente impossibile da realizzare, improvvisamente diventa possibile per il bene della pandemia. È un chiaro caso che dimostra che i leader del mondo non hanno avuto la volontà politica di agire per proteggerci: lo faranno ora?

 

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