La perdita della biodiversità in America Latina

Tucano

25 lug 2013

Secondo le Nazioni Unite l’America Latina negli ultimi 20 anni ha perso il 30% della sua biodiversità.

Mezzi meccanici sradicano decine di alberi. Le insenature e gli estuari vengono interrati. Si invadono aree forestali, rive di fiumi, zone cuscinetto delle aree protette e zone montuose. Questo spazio naturale si trasforma successivamente in edifici, aree urbane e città che avanzano progressivamente con la popolazione, cacciando le specie che precedentemente vivevano in questi ecosistemi.

Mentre queste realtà avanzano, la natura viene pregiudicata. Un esempio recente è quello dell’America Latina, che ha perso il 30% della sua biodiversità negli ultimi 20 anni, secondo le informazioni recenti delle Nazioni Unite, che a Cuba questa settimana hanno reso note, in occasione della IX edizione della Convenzione Internazionale sull’Ambiente e lo Sviluppo.

“La conclusione è che siamo in una strada senza uscita”, ha affermato Margarita Astrálaga, direttrice dell’Ufficio Regionale per l’America Latina e i Caraibi del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che ha messo in discussione il modelllo di sviluppo e di consumo di questo continente.

Nonostante le nazioni latine abbiano adottato politiche di conservazione ambientale, come l’eliminazione dell’emissione di sostanze che aumentano il buco dell’ozono o la sospensione dell’euso di combustibili con piombo, queste misure sono insufficienti per arginare i danni per la natura. Ora il rischio è maggiore, avvertono gli esperti, si sommano problemi ambientali come il cambiamento climatico.

Nella regione dei Caraibi, uno dei danni più seri è costituito dallo sbiancamento dei coralli. Se procede al ritmo attuale, saranno estinti per il 2070, secondo le stime. Con la sparizione di questi ecosistemi si eliminerà la protezione contro gli uragani, oltre a pregiudicare il turismo e la pesca.

Un altro rischio è la perdita sempre maggiore dei giacciai della Patagonia in Bolivia e Chile.

La foresta amazzonica del Brasile è anch’essa minacciata. Nel maggio scorso ha perso 464,96 km², una cifra che supera di 4,7 volte l’area deforestata nello stesso mese dell’anno scorso (98,85 km²). Questo sostiene l’Istituto Nazionale delle Ricerche Speciali (INPE, l’acronimo in portoghese), che avverte che i dati non sono completi a causa della nuvolosità presente durante la rilevazione. Il 42% della foresta era coperta da nubi quando si realizzò; un anno fa la percentuale era del 32%.

Ci sono altri documenti che registrano i danni che soffre il pianeta a causa dell’aumento della temperatura. Ad esempio si citano i danni che hanno lasciato le ondate di calore in Europa, l’uragano Katrina negli USA (2005), la siccità nell’Amazzonia e in Africa e le inondazioni in Pakistan (2010).

Secondo l’Oraganizzazione Metereologica Mondiale (OMM), il pianeta ha vissuto cambiamenti climatici senza precedenti tra il 2001 e il 2010. Questi anni sono stati i più caldi da quando si sono iniziate le rilevazioni nel 1850.

Anche la popolazione mondiale è cresciuta. È passata da 5300 milioni nel 1990 a 6900 milioni nel 2010. A causa dell’aumento demografico, per il 2030 si consumerà il 45% in più di energia e la temperatura globale aumenterà di 8 °C, secondo le stime scientifiche più recenti. Questo farà si che i diversi paesi perderanno tra il 5 e il 10% del loro Prodotto Interno Lordo per problemi ambientali.

Altri studi dell’ONU segnalano che dal 1970 le tormente si sono moltiplicate di 12 volte; le inondazioni di 4 e la quantità di vittime per disastri naturali di 8 volte. Questo sembra non fermarsi.

Il 35% in più di deforestazione si registra nella foresta amazzonica del Brasile (da agosto 2012 a maggio 2013), a differenza del periodo precedente.

Il 29% in più  sarà l’aumento della popolazione previsto per il 2050. Un equivalente di 9300 milioni di persone, secondo i calcoli. Ora ci sono 7200 milioni di persone.

Fonte (in spagnolo): El Universo vía EcoPortal.net