Le donne denunciano la violenza generata dai progetti estrattivi

Donne di Cajamarca difendono assieme alle loro comunità la laguna El Perol, Cajamarca, Perù, 2011Le donne difendono i loro territori rischiando le loro vite. 'Nella foto, in cammino verso la laguna Perol per difendere l'acqua a Cajamarca, Perù 2011
15.967 firmatari

L’attivista honduregna Berta Cáceres è stata uccisa la scorsa settimana. La Red Latinoamericana de Mujeres Defensoras esige alle imprese e ai governi responsabili la cessazione ORA di un particolare tipo di violenza, in aumento: la violenza contro le donne nel contesto delle attività estrattive. Unisciti alla petizione.

Lettera

CA: Governi dell'America Latina

“I progetti estrattivi generano violenza. Fermate tutte le forme di violenza contro le donne.”

Leggi tutta la lettera

Preparando il testo di questa petizione sulla violenza contro le donne, ci siamo sentite colpite direttamente da un evento terribile: l'omicidio di Berta Cáceres, Coordinatrice del Consiglio dei popoli indigeni dell'Honduras COPINH, difensora dei diritti umani, madre, una grande donna. Le perverse minacce di morte subite si sono materializzate. Berta ha lottato per proteggere territori e comunità. Noi non vogliamo che la sua lotta sia vana. Era stata costretta all'esilio per proteggere i suoi figli. Il suo omicidio è un crimine efferato che ricade sulla coscienza delle miniere e aziende idroelettriche autorizzate illegalmente dallo Stato, senza il consenso dei popoli indigeni. I governi corrotti che danno il consenso e lasciano impuniti crimini come quello di Berta sono complici nella sua morte. Siamo profondamente scioccate.

Non è un caso isolato

Le donne sono particolarmente esposte a diverse forme di violenza causate dalle attività estrattive: le aggressioni fisica, sessuale e psicologica che mettono in pericolo la loro vita, i loro corpi e le loro territori; l'inquinamento che colpisce la loro salute; la criminalizzazione che compromettere la loro integrità; e la privazione dei loro territori. Ovviamente, gli impatti dell’ estrattivismo sulla vita delle donne si estende alle loro famiglie e comunità.

La Red Latinoamericana deMujeres Defensoras de los Derechos Sociales y Ambientales denuncia questa situazione che si estende oltre l'America Latina ad altre parti del mondo. "Per noi l'estrazione mineraria è l'espressione di un modello di sviluppo che è arretrato e contrario a tutto ciò che serve per sostenere materialmente la vita, che ignora il fatto che gli esseri umani sono la natura, e dipendiamo interamente da essa."

Partecipate alla petizione in solidarietà.

Infor­mazioni

La violenza contro le donne a causa delle attività estrattive segue lo stesso schema in tutti i paesi con violazione dei diritti umani e dei diritti specifici delle donne.

Nel seguente rapporto identifichiamo e condividiamo alcuni casi molto rappresentativi in diversi paesi:

Honduras:

Oltre allo shock profondo che comporta la morte di Berta Cáceres, in Honduras tutto è ormai dato in concessione ed è il paese, nel mondo, nel quale sempre più persone vengono uccise per opporsi ai progetti minerari. Una società mineraria canadese, Entre Mares, si è insediata senza consultare le popolazioni interessate, estraendo a cielo aperto con lavaggi con cianuro per 10 anni, lanciando l’acqua del fiume contaminata gravemente. Le donne della Valle Siria sono state esposte ai metalli pesanti e gli studi dimostrano la presenza di piombo nel sangue delle donne, causando aborti, danni agli occhi, alla pelle, perdita di capelli e danni psicologici. Con le mobilitazioni si è raggiunta la la chiusura delle strutture ma i danni alla salute permangono, si tratta di una chiara forma di violenza a cui sono esposte le donne.


Ecuador:

Una strategia di espropriazione usata spesso dalle società minerarie è l'acquisto di terreni per conto terzi, il progetto minerario Mirador non fa eccezione. Le donne, i loro bambini con le loro famiglie sono state evacuate dalle loro case dalle forze governative, nei mesi di settembre e dicembre 2015. E 'accaduto nella parrocchia di Tundayme, a sud del Rio delle Amazzoni in cui il progetto di rame Mirador è gestito della Società Ecuacorriente SA , oggi cinese. Pur avendo gli atti di possesso delle loro terre sono state sfollate forzatamente dal loro territorio, per presunti ordini provenienti dalla società mineraria in Cina.

Le donne di Tundayme sono state aggredite, hanno subito violenza fisica e psicologica, su di loro pesa il carico del lavoro per cercare nuove condizioni di sostegno per le loro famiglie. Alcune organizzazioni per i diritti umani hanno documentato la violazione della loro integrità, del loro diritto alla terra e al territorio, e alla casa, il diritto di proprietà, il diritto al lavoro, la salute, l'educazione dei loro figli è violata. Va notato che, quando una società straniera occupa territori ancestrali, i diritti Umani e la Natura sono violati. Il progetto di estrazione mineraria El Mirador è presentato dal governo ecuadoriano come sostenibile e capace di combattere la povertà del paese.

Un caso molto recente di espropriazione: quello della signora Rosa Ware, indigena Shuar più di oltre 100 anni. Ha vissuto nella zona di Tundayme, con il figlio Mariano Mashendo di 60 anni vicino al campo minerario e alla comunità indigena di Yanúa. Mariano riporta come nel 2006 una persona ha proposto loro di comprare la fattoria dove vivevano. Essendosi rifiutati di vendere, Mariano sostiene che questa persona avrebbe fatto apporre l’impronta digitale autenticata di un’ impiegata in un documento per farla passare come proprietaria dei terreni della loro famiglia. Tale documento è un falso e la compagnia mineraria lo avrebbe presentato per l'acquisto del terreno. Aggiunge che "siccome la famiglia si è ha rifiutata di lasciare la fattoria, la compagnia ha bruciato la casa ed ha proceduto al violento sgombero degli abitanti della fattoria." Questo fatto è stato ignorato, ed è rimasto in assoluta impunità. Come riportato dalle autorità indigene Shuar, da quel momento la signora Rosa Ware non avendo nessun posto dove vivere, si è stabilita nelle immediate vicinanze dal luogo dal quale era stata sfollta, per essere infine sfrattata con la forza il 4 febbraio 2016 dalla società mineraria Corriente S.A. con l’ausilio della polizia, che l’hanno lasciata in un parco.

Guatemala:

Diodora Hernandez e la sua famiglia stanno vivendo la privazione all’accesso all'acqua potabile. Però, la violenza contro Diodora non si limitata alla privazione di questo diritto fondamentale. Il 7 luglio 2010 Diodora Antonia Hernández Cinto, contadina Maya-Mam del villaggio di San José Nueva Esperanza, è stata vittima di un attacco da parte di due uomini del suo villaggio, che le hanno sparato, colpendola due volte alla testa, credendo di averla uccisa. Secondo l'organizzazione per i diritti umani Rights Action, gli uomini hanno cercato di ucciderla perché aveva rifiutato di vendere la sua terra alla compagnia Montana Exploradora, una filiale della Goldcorp che gestisce la miniera d'oro "Marlin", composta da cunicoli sotterranei e un tratto a cielo aperto per il filtraggio del cianuro, nel comune di San Miguel Ixtahuacán, dipartimento di San Marcos, Guatemala. Fortunatamente, Diodora è sopravvissuta. Il proiettile è entrato dal suo occhio destro ed è uscito dietro l'orecchio destro. Dopo aver trascorso tre mesi in ospedale, Diodora è tornata a casa - ma con una protesi all’occhio e sordo a un orecchio - alla sua terra, dove continua a vivere con il marito, la figlia, il figlio e i nipoti. In seguito a questo attentato alla sua vita, Rights Action ha inviato una lettera pubblica alla Goldcorp, denunciando il tentativo di omicidio. In risposta, il 20 luglio 2010, David Deisley, l'avvocato principale dell'azienda, ha riconosciuto che i due uomini che sono stati arrestati, interrogati e poi rilasciati, avevano lavorato per la Goldcorp. Nonostante questo, sono passati quasi sei anni e il fatto non è oggetto di indagine. Come per la maggior parte dei principali crimini e casi di repressione che si verificano in Guatemala, il caso rimane aperto, irrisolto. Impunità e corruzione rimangono profondamente radicate nel sistema giuridico e politico in Guatemala. In questo contesto, le pressioni subite da Diodora per vendere la sua terra continuano. E anche il la mancanza di risposte. Forse per questo, l'acqua potabile di Diodora (c'è un rubinetto per l'acqua potabile di ogni casa) è stato continuamente ostruito dalla gestione locale del suo popolo, il COCODE. Per ovvie ragioni, l'ostruzione all’ accesso all'acqua potabile genera molte difficoltà per lei e la sua famiglia, le loro colture e gli animali, soprattutto nella stagione secca.

Diodora è una delle persone che parlano nel premiato documentario Goldfever.

Perù:

La compagnia mineraria Yanacocha, accusata di inquinare l'ambiente e perseguitare coloro che si oppongono al progetto, vuole ottenere la proprietà della terra della famiglia Chaupe Acuña, in una zona di montagna, nel mezzo di ciò che costituisce il progetto Conga di questa compagnia mineraria. Da oltre 4 anni si protrae quello che Maxima Acuña e la sua famiglia vivono come una vera e propria persecuzione. La famiglia vuole utilizzare la propria terra per sviluppare l'agricoltura, il bestiame e, soprattutto, per continuare la diretta relazione con la Madre Terra. Varie organizzazioni peruviane che li sostengono nella loro resistenza denunciano la vigilanza estrema, senza scrupoli, con l’uso di macchine fotografiche e persino droni, attacchi al loro cane, Cholo fino al saccheggio del loro raccolto di patate. L'autorità fa finta di non vedere questi abusi. La famiglia di Maxima aveva già in precedenza assistito alla distruzione delle loro proprietà, l’uccisione dei loro animali, minacce, insulti e altre umiliazioni. L'ingiustizia è tale che molte organizzazioni internazionali come Amnesty International attualmente hanno fatto eco al caso, senza ottenere che le stesse autorità ponessero rimedio alla situazione. Però, Maxima e la sua famiglia sanno chiaramente che, nonostante le aggressioni a cui vengono sottoposti e tutte le avversità che hanno dovuto passare, come lo svariato numero di denunce infondate da parte della compagnia Yanacocha: Il progetto Conga non si fa!

Un esempio ulteriore di tenacia, resistenza e instancabile difesa dei diritti sociali e ambientali delle donne è Mirtha Vasquez, una giovane avvocatessa e direttorice dell'organizzazione GRUFIDES che ispira speranza per grande impegno e coerenza professionale con la quale si assume la difesa della violazione dei diritti delle popolazioni vulnerabili e dell'ambiente. Appoggia la famiglia di Maxima e molti altri nella loro battaglia contro l'estrazione mineraria a Yanacocha. Per il ruolo che svolge, è diventata bersaglio di campagne diffamatorie di disinformazione, è stata vittima di intimidazioni, minacce, pedinamenti nei suoi confronti e nei confronti della sua famiglia. Data la gravità dei fatti, la Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) ha concesso a Mirtha Vasquez le misure precauzionali. Mirtha è un membro della Rete Latinoamericana di Donne impegnate nella Difesa dei Diritti Sociali e Ambientali.

Uruguay:

Nella comunità di Cerro Chato, la compagnia mineraria Aratiri prevede di installare una miniera a cielo aperto. Questo ha portato alla distruzione del tessuto sociale ed ha esercitato una forte la violenza psicologica contro le donne che esprimono la loro costante preoccupazione di perdere la loro terra, il loro stile di vita, l'eredità dei loro antenati, la loro capacità di produzione e il diritto di vivere in un luogo sicuro e sano. Continuano a resistere.

Bolivia:

Paese con tradizione mineraria, la violenza ambientale si manifesta perché alle donne hanno sottratto le loro condizioni di sussistenza. I suoli e l’acqua sono altamente inquinati, i campi sono improduttivi. Dal 2006, una compagnia mineraria affiliata della transnazionale Glencore, ha lasciato la comunità di Totoral senza acqua, hanno prosciugato i pozzi e le sorgenti ricevere e la popolazione locale riceve l' acqua da una comunità per un'ora alla settimana. Questo rende la vita insostenibile. Le donne sono state violentate, togliendo loro il diritto umano e fondamentale di accesso all'acqua, sfollandole violentemente dal loro territorio, violnado il loro diritto al lavoro, alla salute, al cibo, mettendo a rischio la loro vita.

El Salvador:

Non possiamo non nominare Dora Sorto Recinos, una giovane donna, una resistente e difensora della vita, madre di 7 figli e figlie. Dal 2006, partecipa alla difesa dell'ambiente e del territorio con il Comitato Ambientale del Cabañas, organizzatosi contro la minaccia rappresentata dal progetto minerario per la comunità di El Dorado. E 'stata uccisa nel 2009, mentre era di ritorno dal lavaggio dei panni nel fiume. Era incinta. Con lei è morto il suo bambino di 8 mesi che portava in grembo, e il più piccolo dei suoi figli, di due anni, è rimasto ferito. Il suo diritto alla vita è stato violato, oltre al diritto alla giustizia e alla riparazione. L'omicidio resta ancora impunito.

In Colombia, Cile, Messico, Argentina, Venezuela, Brasile e in generale in tutti i paesi dell'America Latina, questo tipo di violenza contro le donne si ripete.

E al di fuori dell'America Latina sono registrati casi di violenza enorme, di cui la rete globale riporta Sì alla vita No alla Miniera YLNM ( acronimo dell’ inglese)

In Asia ricordiamo la perdita di Teresita Navacilla a Mindanao, nelle Filippine. Recentemente, la difensora dei diritti umani si era espresso contro il progetto King-King a Pantukan, sostenendo che comprometteva la sopravvivenza e la salute delle comunità della regione e rappresentava una minaccia per la biodiversità e gli ecosistemi marini e costieri. Tre giorni dopo aver ricevuto tre colpi di pistola da parte di due uomini che sono entrati il suo negozio, Teresita Navacilla è morta in ospedale a Tagum City, a sud di Mindanao. I suoi assassini sono fuggiti e non sono stati identificati. Teresita era un membro del Movimento Salviamo Pantukan, una rete indigena nella regione di Pantukan nella valle di Compostela, che difendono il loro diritto alla loro terra ancestrale, la protezione dell’ambiente e si oppongono alla miniera in grande scala e a cielo aperto delle compagnie transnazionali. L'organizzazione per i diritti umani Front Line Defenders è convinta che il suo omicidio - che non è l’unico nelle Filippine e nel gennaio 2016 ci sono stati quattro omicidi - sia legato a questa resistenza. E ci sono stati anche diversi attacchi contro avversari di questo particolare progetto. Si tratta del secondo più grande progetto di estrazione di rame e oro nelle Filippine e si sta espandendo.

In molte parti dell'Africa si presenta uno scenario simile, se non uguale: Myness Musaamba ha sofferto lo sfollamento con la sua comunità nel 2010, a causa di una società mineraria che ha cominciato ad estrarre diamanti nella località di Marange, nello Zimbabwe. Le strutture comunitarie tradizionali sono state distrutte e il luogo in cui sono stati trasferiti, chiamato Arda Transau è stato strutturato come un insediamento semi urbano. Invece dei capi tradizionali, il governo ha nominato un coordinatore, un generale in pensione esterno alla comunità, che esige che ogni visita sia 'annunciata' prima di interagire con la comunità, cosa che intimidisce svariate persone. Non è il caso però di Myness Musaamba, difensora dei diritti umani e del diritto alla vita di coloro che hanno denunciato le ingiustizie subite dalla comunità ad Arda. Il 23 settembre, 2015, in una riunione comunitaria indetta dall'amministratore del Distretto, si è verificato uno scontro verbale tra la stessa autorità e Myness per la sua attività in difesa della comunità. L’autorità in questione avrebbe detto pubblicamente che l’avrebbe fatta "morire in prigione per aver parlato presumibilmente contro il governo". Myness non si è lasciata intimidire e continua ad impegnarsi e a parlare contro le ingiustizie, in particolare rispetto alle inadempienze del governo e delle compagnie minerarie in seguito alla mancata promessa di reinsediare le famiglie. Myness unisce le sue responsabilità di madre con la soddisfazione delle aspettative della sua comunità, per dare loro voce nonostante i grandi rischi: personale e familiare. Questa denuncia è stata fornita dal Centre For Natural Resource Governance (CNRG) e da Chidazwa Community Development Trust dello Zimbabwe (CNRG) e la rete globale Sì alla vita No alla Miniera YLNM.

Le organizzazioni, istituzioni e persone firmatarie di questa petizione ci dirigiamo ai governi in America Latina al fine di denunciare questi casi e l'esistenza di un modello estreattivo che devono identificare e fermare.

Chiediamo MAI PIU 'VIOLENZA SULLE DONNE causata dalle miniere e dalle aziende estrattive. Richiediamo inoltre misure di protezione per tutte queste donne, e altri come loro che stanno subendo lo stesso tipo di violenza.

Se siete a conoscenza di una storia di simile, condividerla (info@salviamolaforesta.org) o unitevi alla rete Sì alla vita No alla Miniera 

Per mezzo delle firme raccolte, la Red Latinoamericana de Mujeres Defensoras de los Derechos Sociales y Ambientales vuole esprimere solidarietà internazionale alle donne che hanno subito violenza in America Latina e nel mondo, per far recepire il messaggio di urgenza ai governi responsabili.

 

Lettera

CA: Governi dell'America Latina

Gentili Signore,
Egregi Signori,

L’estrattivismo, nella sua logica di dominio patriarcale, genera violenza per i corpi e territori delle donne. Con queste parole si è espressa Berta Cáceres, attivista honduregna che è stata assassinata nella sua casa, la notte del 2 marzo, per mano di due sconosciuti, armati.

La violenza contro le donne si scatena nel momento in cui una società estrattiva tenta il proprio ingresso in una particolare zona, in cui vi è opposizione popolare; continua durante il processo di esplorazione; e anche successivamente alla sua uscita dalla comunità. Alcune donne sono state anche uccise nello svolgimento della loro attività in difesa dei loro diritti, della loro terra e delle loro comunità.

L'omicidio di Berta Cáceres in Honduras è un crimine efferato che deve pesare sulla coscienza delle compagnie minerarie e idroelettriche, autorizzate illegalmente dallo Stato, senza il consenso dei popoli indigeni. I governi corrotti, che per complicità o omissione consentono questo tipo di violenza e lasciando impuniti reati come quello di Berta sono complici nella sua morte. Chiediamo di fare piena luce rispetto al caso.

In aggiunta ai fatti concreti che abbiamo riferito, la violenza è evidente nelle difficoltà di ricerca di condizioni adatte per il mantenimento e la prosperità delle loro famiglie, in seguito all’espropriazione delle terre e l'inquinamento. Le donne vedono il loro accesso e capacità di approvvigionamento d’acqua limitati, lo stesso per il cibo e la sicurezza alimentare. La loro salute, il loro lavoro e la loro economia ne soffrono. La violazione dei loro diritti, le molestie e la criminalizzazione generano violenza psicologica, fisica, sessuale, oltre alla violenza politica.

Noi firmatari, organizzazioni, istituzioni di questa petizione ci dirigiamo ai governi dell'America Latina per denunciare e chiedere l'immediata cessazione di tutte le forme di violenza contro le donne, e chiediamo l’attivazione di misure di protezione efficaci per tutti coloro che si sentono minacciati.

Le firme rappresentano la solidarietà internazionale