Benvenuto sia il Ministero della Transizione Ecologica: ma quale “rivoluzione verde” per ENI?

Logo di ENI Agip e sullo sfondo un'immagine di deforestazione Per produrre il biodiesel da olio di palma le foreste tropicali vengono eliminate per fare spazio alle pinatgioni industriali (© Feri Irawan / Collage RdR)

13 mag 2021

L’Italia a febbraio 2021 ha creato il Ministero della Transizione Ecologica che vorrebbe apportare una “rivoluzione verde”. Plaudiamo la creazione di questo Ministero ma ci chiediamo quale transizione ecologica intraprenderà ENI - la compagnia petrolifera multinazionale - posseduta per il 30% dello Stato italiano che produce biodiesel da olio di palma nelle raffinerie di Marghera e Gela?

Il 26 febbraio 2021, il nuovo governo italiano guidato da Mario Draghi ha annunciato la creazione di un nuovo Ministero: il Ministero della Transizione Ecologica che a detta di Roberto Cingolani, il Ministro che lo guida, ha rilevanza particolare poiché la transizione ecologica è un evento inevitabile che non si può rimandare.

Secondo il nuovo Ministro, l’Italia vivrà una “rivoluzione verde” ed ha annunciato questo ambizioso cambiamento - contenuto in un documento - che ha esposto in una intervista con il quotidiano Repubblica il 28 aprile scorso. 

Salviamo la Foresta plaude la creazione di questo Ministero che pone finalmente al centro dell’agenda politica del paese l’attuazione di politiche pubbliche volte a mitigare i danni del cambiamento climatico e ad integrare, così, le tematiche ecologiche nella progettazione del futuro dell’Italia. Allo stesso tempo, però, non possiamo che porci una domanda di fondo: quale transizione ecologica intraprenderà ENI, la compagnia petrolifera multinazionale - posseduta per il 30% dello Stato italiano - che produce biodiesel da olio di palma nelle bioraffinerie di Marghera e Gela?

Il Ministro Cingolani, nell’intervista rilasciata a Repubblica non fa alcun riferimento ad ENI, alla sua produzione di biodiesel e a come porre fine una volta per tutte alla deforestazione nel sud est asiatico, poiché l’azienda - e quindi in parte anche lo Stato italiano –si avvale di una materia prima - l’olio di palma da miscelare con il combustibile fossile per il biodiesel - che si ottiene sfruttando terreni sottratti alle foreste tropicali implementando piantagioni industriali di palma africana (Elaeis Giuneensis). La transizione ecologica che si propone il Ministero dovrebbe sapere come dare una risposta risolutiva alla questione delle energie da fonti agricole per fermare la decarbonizazione e mitigare gli effetti devastanti del cambiamento climatico. Infatti, studi scientifici incaricati dalla stessa Commissione Europea certificano che il biodiesel da palma, soia e colza dà risultati ancor più negativi per il clima rispetto al diesel fossile. 

Inoltre, la domanda posta poc’anzi è oltremodo rilevante tenendo conto di alcuni dati sui quantitativi di olio di palma trattato nelle raffinerie ENI - che per altro sin dal loro avviamento sono state definite erroneamente “verdi”. Secondo la stessa azienda, la raffineria di Marghera, dal 2014 ha trattato e convertito “circa 360.000 tonnellate di materia prima di origine biologica all’anno” -  overo olio di plama che proviene prevalentemente dall’Indonesia – e dal 2024, prevede di potenziare la capacità di lavorazione a 560.000 tonnellate all’anno. Per quanto riguarda lo stablimento di Gela, per la cui riconversione sono stati ad oggi spesi complessivamente oltre 360 milioni di euro, la produzione è stata avviata ad agosto 2019 e la sua capacità di lavorazione arriva fino a 750.000 tonnellate annuali. 

Inoltre non va dimenticato che l’Italia con un totale di 1,35 milioni di tonnellate di olio di palma importato (dati di luglio 2019), è il terzo maggior importatore della Unione Europea (UE) dopo i Paesi Bassi (1,61 milioni di tonnellate) e la Spagna (1,52 milioni di tonnellate). Inoltre, vale la pena ricordare che oltre la metà dell’olio di palma importato nella UE viene destinato alla produzione di biodiesel 

Può anche darsi che la mancata menzione di ENI, e del biodiesel da olio di palma che produce, possa essere una dimenticanza. Pertanto, noi di Salviamo la Foresta vogliamo ricordare al Ministro Cingolani e all’attuale Governo italiano che sarebbe cruciale sapere quale sia il progetto per includere ENI nella “transizione ecologica” e quale ruolo avrà l'azienda per contribuire alla “rivoluzione verde”.

Saperlo è cruciale perché, nonostante la Commissione Europea abbia stabilito di bandire entro il 2030 l’uso di olio di palma per la produzione di biodiesel, nel documento sulla strategia 2019-2022 che ENI ha presentato agli investitori si prevede l’espansione della capacità di produrre biocarburanti definendo questa azione come elemento fondante del disegno di decarbonizzazione.

Ma come si possa ancora ritenere il ricorso ai biocarburanti una misura utile per la mitigazione dell’aumento di CO2 è quanto meno sorprendente e, soprattutto, affatto convincente.

Infatti, sebbene ENI nel 2017 abbia già affermato di voler rinunciare “presto” all’olio di palma nelle sue più grandi raffinerie di Gela e Venezia - aumentando la quota di olio derivante da scarti della produzione alimentare, come oli esausti, grassi animali e altri sottoprodotti avanzati- un’ analisi di Salviamo la Foresta riguardo al ricorso ad altre sostanze oleose ha dimostrato la notevole improbabilità che questo avvenga senza diminuire drasticamente la produttività e quindi inficiare la convenienza economica. 

Inoltre, riteniamo che qualora ENI si esprimesse sulla sua capacità di contribuire alla “rivoluzione verde” e possibilmente alla decarbonizzazione con i suoi prodotti, sarebbe opportuno esaminare eventuali sue dichiarazioni con grande cautela.

A questo proposito, vale la pena ricordare che la multinazionale ha dato già prova di divulgare messaggi pubblicitari ingannevoli sulla “sostenibilità ambientale” del suo biodiesel.  Ci riferiamo al prodotto ‘EniDiesel+’ che secondo ENI era un in grado di contribuire ad una riduzione ‘fino al 40%’ delle emissioni gassose, fino al “5% in media” di CO2 e ‘fino al 4%’ dei consumi. Tra il 2016 e il 2019 nella sua campagna pubblicitaria, ENI si è fregiata della denominazione ‘Green Diesel’ per questo suo prodotto, avvalendosi inoltre di messaggi che esaltavano la ‘componente green’ e la ‘componente rinnovabile’ ed altre qualifiche suggestive per veicolare nel consumatore l' ‘ispirazione ambientale’ del biodiesel ‘EniDiesel+’.

Questi messaggi sono stati denunciati all’Autorità Antitrust da Legamabiente e Movimento Difesa del Cittadino (MDC) e Transport & Environment (T&E). Secondo la denuncia i messaggi pubblicitari di ENI non chiarivano che ‘EniDiesel+’ e la sua componente biodiesel denominata da ENI ‘Green Diesel’ – ovvero HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) che costituisce il 15% del prodotto - conteneva principalmente olio di palma, il cui impatto ambientale non ha nulla di verde, anzi.

A gennaio 2020, l’Autorità Antitrust garante per la concorrenza ed il mercato ha sanzionato ENI al pagamento di 5 milioni euro «per la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli utilizzati nella campagna promozionale che ha riguardato il carburante Eni Diesel+, sia relativamente all'affermazione del positivo impatto ambientale connesso al suo utilizzo, che alle asserite caratteristiche di tale carburante in termini di risparmio dei consumi e di riduzioni delle emissioni gassose», come riportato dal quotidiano economico Il Sole 24 ore 

Considerando la poca chiarezza dimostrata da ENI nel proporre il suo biodiesel miscelato prevalentemente con olio di palma come un prodotto “verde” capace di avere un impatto positivo sull’ambiente, in grado addirittura di ridurre le emissioni di CO2, è quanto mai urgente sapere dal Ministero della Transizione Ecologica quale sia la sua posizione rispetto al biodiesel prodotto da ENI e come la produzione di biodiesel si inserirà nella “rivoluzione verde”.

Noi di Salviamo la Foresta vorremmo avere risposte chiare, con dati quantitativi rispetto ai materiali oleosi che si utilizzerebbero per sostituire l’olio di palma, tanto da risultare competitivi in termini di rendimento economico.

Da quando è stata annunciata l’apertura della raffineria di Marghera nel 2013, Salviamo la Foresta ha seguito il caso ed organizzato due petizioni in opposizione al mercato di olio di palma e all’inganno verde dei biocombustibili che ENI e lo Stato italiano continuano a fomentare con le loro scelte politiche e di investimento.

Nel mentre, ci impegnamo come sempre a monitorare l’attività di ENI e attendiamo di capire quali saranno le scelte del Ministero della Transizione Economica sul caso e vi manterremo informati.