I popoli indigeni sanno proteggere meglio le foreste tropicali

Bambini indigeni Yanomami imparano a cacciare Bambini indigeni Yanomami imparano a cacciare (© Nigel Dickinson/Alamy Stock Foto)

13 apr 2021

Le foreste pluviali tropicali sono protette in modo migliore laddove le popolazioni indigene vivono e se ne assumono la responsabilità. Salvaguardare e rafforzare i diritti dei popoli indigeni è quindi una componente essenziale per preservare le foreste, la biodiversità e contrastare la catastrofe climatica in atto. Questa è la evidente conclusione di un nuovo studio delle Nazioni Unite.

Le comunità indigene devono avere la massima priorità, dicono gli autori dello studio. Se le foreste sono gestite da governi, aziende o privati, la loro conservazione è peggiore, e di molto, e la loro distruzione procede molto più velocemente.

In Amazzonia, per esempio, il 45% delle foreste vergini si trovano in territori indigeni. Tra il 2000 e il 2016, circa il 4,9% delle foreste è scomparso. Nei territori non – indigeni la percentuale rilevata era dell'11,2%. Se le popolazioni indigene avessero una gestione delle loro foreste altrettanto distruttiva, la conservazione dell’Amazzonia potrebbe presto subire una accelerazione in senso negativo che porterebbe il clima locale a subire cambiamenti devastanti e la foresta pluviale a degradarsi in modo irreversibile convertendola in una savana.

"Per i popoli indigeni, le foreste sono luoghi spirituali. Forniscono cibo e medicine. Sono un luogo dove si costruiscono relazioni, non solo tra gli esseri umani, ma con i fiumi, con l'acqua, con le diverse specie", dice Myrna Cunningham Kain, presidente del Fondo di Sviluppo dei Popoli Indigeni dell'America Latina e dei Caraibi (FILAC).

In particolare, i valori culturali che si tramandano e le conoscenze tradizionali che si tramandano sono componenti che contribuiscono a fare dei popoli indigeni i migliori protettori delle foreste tropicali. Che il loro stile di vita e la loro economia siano spesso più rispettosi dell'ambiente è basato sui fatti e non è un "concetto ingenuo o romantico", scrivono gli autori. Le conoscenze culturali, le tradizioni e le lingue indigene devono quindi essere recuperate e promosse. In particolare, le donne e il dialogo intergenerazionale giocano un ruolo speciale in questo senso.

Un altro fattore chiave sono i diritti collettivi e acquisiti sul possesso della terra, che sono concessi e mantenuti dallo stato e proteggono, per esempio, contro l'invasione da parte dei taglialegna e degli agricoltori, così come contro il furto di terre (land grabbing). Tuttavia, manca il riconoscimento di questi diritti: sebbene i popoli indigeni vivano su 404 milioni di ettari di terra tra America Latina e Caraibi - di cui 330 milioni sono foreste, 173 milioni di queste ancora intatte - solo 269 milioni di ettari sono stati formalmente riconosciuti dai governi come territori indigeni.

La mera esistenza dei diritti alla terra non impedisce che si scatenino conflitti violenti se lo Stato non rispetta questi diritti. Un altro fattore che contribuisce al conflitto è che i titoli di proprietà sono spesso limitati alla superficie della terra e non si estendono al sottosuolo. Così, anche nei territori indigeni, nonostante l’esistenza dei diritti di possesso della terra, vengono rilasciate concessioni per l'esplorazione e l’estrazione petrolifera o mineraria.

Elementi che incidono positivamente, invece, sono i contributi per la protezione delle foreste, la gestione comunitaria delle foreste, la partecipazione, l'autogoverno e l’esistenza di organizzazioni indigene a livello locale coese.

Lo studio delle Nazioni Unite arriva in un momento in cui molti popoli indigeni stanno lottando per l'esistenza, specialmente con la pandemia del Coronavirus e le politiche del presidente Jair Bolsonaro in Brasile. Qui, tra il 2016 e il 2018, la distruzione delle foreste nei territori indigeni è aumentata a livelli inusitati arrivando ad un aumento del 150%, rispetto ai due anni precedenti. Ma la pressione subita dai popoli indigeni per i loro territori sta aumentando anche in altri paesi.

Secondo la stima degli autori del rapporto "Forest Governance by Indigenous and Tribal Peoples" della Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) e IDFAC, che hanno consultato oltre 300 studi degli ultimi 20 anni. Nel rapporto, per "popoli tribali" si intendono, per esempio, le comunità di etnia di origine africana che hanno uno stile di vita simile a quello dei popoli indigeni e che soffrono anch'essi per l’ emarginazione nella quale sono costretti a vivere.

Per leggere il rapporto FAO - IDFAC:

"Gestione delle foreste ad opera dei popoli indigeni e tribali"