Il traffico di tigri: il coinvolgimento della UE e dell’Italia

Teste di tigri imbalsamate © Ryan Moehring / USFWS - CC BY 2.0

La tigre è il più grande felino al mondo. La sua pelliccia da sempre è considerata una merce pregiata, un simbolo di lusso e di potere e le sue parti sono usate in molte culture asiatiche per pratiche medicinali tradizionali. La domanda di prodotti di tigre ha portato la specie al pericolo di estinzione e spesso viene trafficata. Il traffico di questi felini coinvolge anche la UE e l'Italia.

Negozi che rivendono animali domestici, zoo, fattorie o parchi privati sono spesso usati per facilitare il commercio illecito di animali domestici in molti paesi (per esempio in Asia e nelle Americhe) e sono usati anche per giustificare il commercio, l'allevamento o lo sfruttamento in altro modo della fauna selvatica controllata dalla CITES.

Anche gli allevamenti in cattività che sono spesso visti come una soluzione efficace per la conservazione delle specie minacciate, possono essere sfruttati da gruppi criminali organizzati per trafficare specie animali vive, come animali domestici esotici, o parti di esse per prodotti di lusso e ingredienti per la medicina tradizionale. Il caso della tigre forse il più rappresentativo.

La tigre (Panthera tigris) è il più grande felino al mondo. La sua pelliccia da sempre è  considerata una merce pregiata, un simbolo di lusso e di potere. In molti paesi asiatici, come la Cina, del sud est asiatico, come, Thailandia, Repubblica Democratica Popolare del Laos, India, Vietnam e Myanmar la cultura popolare considera alcune parti della tigre (ossa, denti, pene) come efficaci per la cura di varie malattie e in particolare per aumentare il vigore sessuale maschile. Però, nel tempo le abitudini dei consumatori sono cambiate: dalle analisi condotte dalla UNODC sembra che l’acquisto di prodotti di tigre sia considerato un segno di ricchezza piuttosto che un prodotto dal potere curativo. La domanda di prodotti di tigre ha contribuito in modo devastante a far diminuire la sua popolazione in modo vertiginoso, tanto da portare la specie ad essere considerata in pericolo di estinzione .

Oggi, la tigre è scomparsa dal 90% del suo habitat originale. Nel 2016, si stimava che in natura ci fossero da 3.855 a 4.982 tigri, mentre le tigri in cattività erano il triplo (12.574), il 91% delle quali si trovano in 716 strutture in sette paesi, secondo i dati della CITES: Cina, Stati Uniti d'America, Thailandia, Repubblica Democratica Popolare del Laos, India, Vietnam e Sudafrica. Alcune di queste strutture riforniscono i mercati nazionali dei prodotti di tigre, mentre altre sono spesso la fonte del commercio internazionale illegale.

Le tigri sono una specie che può essere allevata facilmente in cattività. L'allevamento in cattività delle tigri, per il commercio internazionale è consentito ma strettamente regolamentato dalla CITES e può essere effettuato solo da strutture registrate presso il Segretariato della CITES. Nonostante ciò, i regolamenti e controlli per il commercio di questi animali e delle loro parti attraverso le frontiere vengono aggirati attraverso pratiche corruttive o falsificazione di documenti rispetto all’origine delle tigri. Gli allevamenti, gli zoo e i circhi con animali hanno un ruolo cruciale, poiché possono fungere da hub per contribuire a trasferire tigri di origine illegale verso altre destinazioni, occultando la provenienza illecita, facendo passere gli animali come di proprietà dello zoo o del circo in transito per essere ceduti ad altra struttura.

Le reti di traffico di prodotti di tigre sono gestite principalmente da commercianti cinesi e vietnamiti che trafficano che trafficano sia tigri selvatiche che quelle allevate in cattività e vendono i prodotti alle industrie medicinali in Cina. Allo stesso tempo, il traffico si dirige verso altri consumatori, come casinò (per esibizioni), i mercati urbani, altri allevatori, ai bracconieri e ai consumatori direttamente nella Repubblica Democratica Popolare del Laos, in Myanmar e in Vietnam.

Tigri trafficate nella UE e in Italia per soddisfare la domanda dei boss mafiosi

Sebbene nella UE, a differenza del sud – est asiatico, non ci siano allevamenti nei quali le tigri vengono cresciute per servire il mercato della medicina tradizionale o dello sfruttamento più abbietto, in spettacoli e come animali da compagnia - soprattutto i cuccioli - questo non significa che le tigri non vengano trafficate nella UE e rispondere anche ad una domanda di “consumo” di questa specie protetta.  

Da un report pubblicato nel 2020 dal World Wildlife Fund (WWF) Tiger Traffic Europe – Il ruolo dell’Europa nel commercio illegale delle tigri -  si evince chiaramente che la UE non solo commercia tigri vive e parti di questi animali (che pare valgano molto di più da morte che da vive al mercato nero) con i paesi del sud-est asiatico dove esistono gli allevamenti che fomentano il traffico di tigri, ma risulta anche che la UE stia contribuendo a foraggiare questo commercio illegale. Dall’indagine svolta dal WWF si evince chiaramente che i paesi europei esportano, importano e riesportano soprattutto tigri vive, ma anche loro parti e prodotti derivati.

Il report, infatti, spiega che la legislazione della UE e degli Stati membri, oltre ai controlli sul mantenimento e lo smaltimento delle tigri decedute in cattività (per esempio negli zoo o nei circhi), non sono una garanzia sufficiente per garantire che le tigri e le parti di esse provenienti da allevamenti non confluiscano nel traffico di fauna selvatica. Da varie operazioni svolte dai corpi specializzati del CITES nei vari paesi membri, si delinea uno scenario preoccupante marcato dall’assenza di adeguati controlli e monitoraggi negli spostamenti e nel commercio di tigri nel territorio della UE.

In questo quadro di vulnerabilità rispetto all’entrata di tigri o parti esse per alimentare il traffico di specie, l’Italia non fa eccezione nella UE. Anzi.

Infatti, nella UE, l’Italia risulta essere al secondo posto tra i primi 5 esportatori di tigri vive assieme alla Germania, al primo posto, seguita dalla Spagna, la Repubblica Ceca e la Francia Tra il 2013 e il 2017 le esportazioni dirette di tigri vive hanno raggiunto la quota del 93% di tutte le esportazioni di tigri della UE (111 in totale). Solo la metà (51%) di tutte le riesportazioni UE hanno coinvolto tigri vive.

Secondo Rapporto Zoomafia 2020 dell’Osservatorio Nazionale Zoomafia della Lega Antivivisezione (LAV) e della Fondazione Antonio Caponnetto, dai dati forniti dal Ministero dell’Ambiente, in Italia sono registrate 75 tigri presenti negli zoo (con o senza licenza). Per la CITES , in Italia ci sarebbero 161 tigri, e di queste 68 si trovano nei circhi italiani. Mentre secondo la LAV, e secondo altre associazioni, Italia ci sono almeno 400 tigri, delle quali 160 detenute presso i circhi. Questa diversità numerica nei dati è specchio di una grande confusione e mancanza di affidabilità dei dati stessi, oltre che di controlli affidabili che non possono che favorire i trafficanti di tigri e pregiudicare la vita di questi grandi felini, sfruttati, traumatizzati e uccisi per scopi puramente e vilmente commerciali, spesso per soddisfare la domanda nei paesi asiatici, ma anche per soddisfare la domanda di appartenenti a gruppi della criminalità organizzata di tipo mafioso in Italia. 

Il rapporto della LAV evidenzia infatti come nella cultura di tipo mafioso, gli animali vengono usati - da vivi e da morti – per adempiere ad una funzione intimidatoria. Gli animali sono usati come arma o come feticci per intimidire qualcuno, un avversario o chi non si piega alla logica di potere e controllo del territorio ti tipo mafioso. Oltre all’incendio o l’invio di proiettili, l’utilizzo di ordigni esplosivi, nel sistema mafioso il recapitare parti di animali (per esempio la testa maiale) è un espediente intimidatorio dal valore simbolico ancora molto usato. Un fenomeno molto diffuso e difficile da prevenire, secondo la LAV.

Allo stesso tempo sta diventando sempre più frequente il possesso illegale di tigri da parte di capi mafia italiani, presumibilmente usate per obliterare la potenza e vigore del ruolo apicale, di questo ne danno conto i sequestri effettuati dalle forze dell’ordine negli ultimi anni. Per esempio, nel 2011 a Bari, tra i beni sequestrati ad un capo mafia si trovava anche un raro esemplare di tigre siberiana di 16 anni, sicuramente oggetto di traffico illegale. Successivamente, nel 2016 in una operazione della Direzione Investigativa Antimafia in provincia di Caserta, si è accertato che un gruppo camorrista utilizzava tigri, leoni e anche coccodrilli per intimidire chi non si piegava all’estorsione, oltre che per impressionare amici e minacciare i nemici. Nello stesso anno, tra i beni confiscati a vari appartenenti a gruppi mafiosi lo stato italiano ha dovuto prendersi cura di una tigre di 19 anni, oltre che di un serpente a sonagli, un koala, alcuni pappagallini verdi .

In conclusione, a parte la imperante necessità di risolvere la confusione legislativa e la mancanza di dati e controlli affidabili sulla presenza e gli spostamenti delle tigri nel territorio della UE e dell’Italia in particolare, quello che risulta ancora più urgente è che venga vietata la detenzione di tigri in circhi, zoo, mostre itineranti e strutture private. Il posto nel quale le tigri, e tutti gli animali selvatici, devono vivere è il loro habitat. Porre fine alla cultura dello sfruttamento animale è una priorità che dobbiamo affrontare con urgenza, per difendere la natura e la vita degli animali.

Elaborazione: Elisa Norio, Salviamo la Foresta

Fonti:

Financial Action Task Force (FATF), Money Laundering and the Illegal Wildlife Trade, 2020 

Osservatorio Nazionale Zoomafia della Lega Antivivisezione (LAV) e della Fondazione Antonio Caponnetto, Rapporto Zoomafia 2020 

United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), World Wildlife Crime Report 2020 

World Wildlife Fund (WWF), Tiger Traffic Europe – Il ruolo dell’Europe nel commercio illegale delle tigri 2020