Il traffico di legno tropicale: la UE e l’Italia sono paesi di transito e destinazione

I taglialegna mentre tagliano alberi nella foresta I taglialegna mentre tagliano alberi nella foresta (© Devcon)

A differenza di prodotti illegali - come le sostanze stupefacenti - il legname tropicale non è venduto in mercati totalmente illegali, ma in mercati alimentati da industrie legali dove l’origine del legname è oscurata o alterata. Pertanto, i consumatori molto difficilmente possono essere certi di acquistare prodotti di legno tropicale di origine legale che non implicano deforestazione e abusi.

A differenza di prodotti illegali come le sostanze stupefacenti, per esempio, il legname tropicale in particolare, non viene venduto in mercati totalmente illegali, ma piuttosto in mercati alimentati da industrie legali dove l’origine del legname è oscurata o alterata. Generalmente, il legname tagliato e raccolto illegalmente - in riserve naturali o senza autorizzazioni e controlli - in un paese può essere reso legale, per essere importato in un altro. Di fatto, purtroppo, i diversi paesi dove transita o arriva il legname, non sono tenuti a far rispettare le leggi forestali di altri paesi; quindi, se è vero che è illegale tutto il legname estratto in contravvenzione alle leggi locali, una volta lasciato il paese - spesso grazie a documentazioni falsificate e la complicità di ufficiali di dogana corrotti, - quel legname entra in un altro paese dove la sua origine illegale non è tracciabile ed essendo destinato al mercato legale, la sua natura illegale si modifica e ricicla in una di tipo legale.

I paesi di provenienza da dove arriva soprattutto il palissandro (ovvero il rosewood secondo la classificazione della UNODC) sono soprattutto africani ed in particolare: Nigeria, Gambia, Ghana e Sierra Leone, mentre i paesi di destinazione sono soprattutto India, Cina, Vietnam, Malesia, Emirati Arabi, Stati Uniti, Unione Europea e Giappone.

Le foreste di teak annientate in Myanmar 

Il legno di teak, (tectona grandis), è un legno tropicale considerato il più pregiato al mondo, molto resistente all’acqua, facile da lavorare, per questo usato da secoli dall’industria navale, e bello da vedere e per questo usato nelle costruzioni di lusso. Il suo valore di mercato può arrivare fino a 20 mila euro a tonnellata.

Però, per estrarre questo legno così resistente e prestigioso per produrre barche lussuose e mobili di pregio la deforestazione ha annientato quasi tutte le riserve naturali rimaste al mondo. Ad oggi, rimangono solo 19 milioni di ettari di foreste naturali di teak, e il Myanmar (ex Birmania) ospita oltre 16 milioni di questo patrimonio forestale inestimabile, secondo quanto riportato dal Myanmar Extractive Industries Transparency Initiative (MEITI). Si tratta di una devastazione ecologica che in vent’anni ha annientato 4 milioni di ettari di foreste, pari a un terzo di tutte le foreste del nostro paese e all’area della Svizzera. Inoltre la deforestazione ha un impatto devastante anche per la abbondante biodiversità del paese e le specie animali in pericolo, come la sottospecie della tigre del Bengala (Panthera tigris tigris) e della tigre indocinese (Panthera tigris corbetti). Senza contare che la distruzione delle foreste ha notevoli implicazioni sulla crisi climatica a livello locale e globale.

Per questo, dal 2013 il regolamento per prevenire il commercio di legname illegale in Europa (EU Timber Regulation – EUTR ) in vigore dal 2010, ha imposto agli importatori di dare contezza della tracciabilità del legno dall’origine alla destinazione, anche se purtroppo vista la mancanza di armonizzazione legislativa e il frequente ricorso a pratiche corruttive per evadere i regolamenti e commercializzare legname, i legno di origine illegale continua ad arrivare nella UE.

Purtroppo, l’Italia ha un ruolo di triste rilievo in questo disastroso crimine ambientale per alimentare l’industria del lusso, data la sua massiccia importazione di legno teak da questo paese del sud -est asiatico. Questo imbarazzante primato, il nostro paese lo ha ottenuto nonostante la legge europea stabilisca che l’unico modo legale per importare legname dal Myanmar implica prendere contatto con l’impresa controllata statale Mte (Myanmar Timber Enterprise). Infatti, da febbraio 2021, quando la giunta militare si è insidiata ed ha preso il potere le minacce alle foreste del Myanmar si sono aggravate. Lo prova una dichiarazione emessa dalla giunta militare in cui afferma che il commercio di legname, in particolare di teak, deve continuare sotto il loro governo essendo un’importate fonte economica.

Ad oggi la dittatura militare è gravata da sanzioni internazionali per gli abusi, le repressioni contro gli oppositori del regime, i difensori della foreste di teak e la natura e le violazioni dei diritti umani. Salviamo la Foresta sostiene attualmente una petizione per chiedere la liberazione di un attivista ambientalista impegnato da anni per la difesa dei diritti ambientali e umani. 

 

L’Affare Italiano

A porre i riflettori sulle importazioni di legno di teak proveniente dal Myanmar verso l’Italia è stata la Environmental Investigation Agency (EIA) che a settembre 2021 ha pubblicato un rapporto di ricerca (con dati raccolti nel per 18 mesi ) intitolato L’Affare Italiano (The Italian Job) visto il ruolo di rilievo di 27 aziende operanti nel nostro paese in questo commercio illecito. Sebbene Cina e India risultino i maggiori importatori di legno di teak dal Myanmar, la UE, nonostante il veto del regolamento EUTR del 2013 e le sanzioni internazionali del 2021, è il terzo importatore di teack dal Myanmar.

Però, se gli altri Paesi della UE hanno ridotto le importazioni o le hanno addirittura azzerate nel rispetto delle leggi comunitarie e le sanzioni del 2021, l’Italia presenta invece percentuali di aumento nelle importazioni, tanto che, secondo il rapporto della EIA, il 66% del totale del legname del Myanmar importato in territorio UE arriva in Italia e in particolare nei porti di Trieste, Venezia e Livorno.

Il rapporto della EIA ha anche rivelato che alcune delle 27 aziende coinvolte in questo commercio in violazione del regolamento EUTR, hanno continuato la loro attività di importazione anche dopo il golpe militare. Di fatto i dati lo dimostrano: le imprese italiane oggetto del rapporto hanno importato tra 1,3-1,5 milioni di euro di legname dal Myanmar nei mesi di marzo, aprile e maggio 2021. Forse il caso più eclatante è quello dell’azienda F.lli Budai di Villa Vicentina (UD), che non solo violava il regolamento EUTR importando teak del Myanmar, ma contemporaneamente riceveva finanziamenti per lo sviluppo dalla UE.

Pertanto, va sottolineato che queste aziende italiane non solo hanno violato il divieto imposto dalle leggi della UE, mastanno concretamente contribuendo a sostenere la giunta militare in Myanmar e gli abusi, la repressione e le violazioni dei diritti umani che soffre il popolo del Myanmar, nonché la distruzione del patrimonio forestale del paese, contribuendo all’aggravarsi della crisi climatica globale.

A questo punto, sarebbe importante sapere che cosa intende fare il governo in carica per fermare questa devastazione impulsata anche da aziende italiane, soprattutto dopo che l’Italia ha contribuito in prima linea ad organizzare la COP26 di Glasgow.

Elaborazione: Elisa Norio, Salviamo la Foresta

Fonti:

Environmental Investigation Agency (EIA), The Italian Job, How Myanmar timber is trafficked through Italy to the rest of Europe despite EU laws, 2021

Financial Action Task Force (FATF), Money Laundering and the Illegal Wildlife Trade, 2020

United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), World Wildlife Crime Report 2020,